STATUETTA DI “DEA MADRE” VALLE DELL’INDO

490,00

DIMENSIONI: Altezza 15,5 cm

DESCRIZIONE: Asia Centrale, Mojeno Daro. 2800 A.C. Figura femminile in terracotta seduta con testa detta a” becco di uccello”, nuda con i seni in rilievo, indossa collane e bracciali, ha lunghi capelli raccolti in un’elaborata acconciatura, grandi occhi in rilievo, braccia protese in avanti. Ottimo stato di conservazione, scheggiature e incrostazioni. Ex collezione privata newyorkese, acquistata da Fortuna Fine Arts, NYC.
La civiltà della valle dell’Indo fu una civiltà antica, estesa geograficamente nel bacino del fiume Indo, oggi principalmente in Pakistan, ma anche lungo il Sarasvati, un fiume dell’India ormai prosciugato. I testi sumeri e accadici si riferiscono ripetutamente a un popolo con cui si ebbero attivi scambi commerciali, chiamato Meluḫḫa, che potrebbe essere identificato con la civiltà della valle dell’Indo, forse con il nome dato dai suoi stessi abitanti. In base alla grande quantità di figurine rappresentanti la fertilità femminile che ci ha lasciato, sembra che vi fosse venerata una sorta di “dea madre”. Thomas J. Hopkins e Alf Hiltebeitel ritengono infatti che la Religione della valle dell’Indo si incentrasse sul culto di una divinità femminile, erede di una cultura religiosa rurale più ampia che arrivava all’Elam (oggi Iran sudoccidentale) e al Turkmenistan meridionale. Tale cultura religiosa si mantenne fino al periodo dell’urbanizzazione quando essa fu separata, finendo l’Elam sotto il controllo dei Sumeri, il Turkmenistan conquistato dai nomadi delle steppe settentrionali, mentre gli insediamenti della Valle dell’Indo si espansero verso Oriente e il Meridione arrivando alla piana del Gange, al Gujarat e all’altopiano del Deccan. È stato, e viene ipotizzato che tale figura sia l’origine del culto della Dea propria dell’Induismo successivo, ma queste divinità femminili possono essere anche collegate a quelle sumere. Queste figure, fatte di argilla in modo da definire la loro parentela con la fertilità del suolo, di cui sono espressione, rappresentavano la Dea Madre come Madre Terra, con una iconografia significativa e suggestiva che comprendeva i grandi seni pieni di latte, gli organi genitali scoperti, i capelli splendidamente velati e un buon numero di braccialetti ai polsi. Il significato simbolico è piuttosto chiaro: questo è l’Essere che dona, alimenta, prende tutte le calamità sulla propria testa e copre il proprio nato sotto il suo ombrello protettivo ma, allo stesso tempo, definisce nel modellamento della proprie forme una assoluta bellezza estetica. Come suggeriscono i suoi bracciali, emblema tradizionale dello stato civile, oltre ad essere una madre è anche una consorte: così, nella sua manifestazione materiale, non solo viene a rappresentare la maternità assoluta ma anche, includendo il ruolo di sposa, la femminilità assoluta. In questo modo la dea diviene causa della vita e suo sostentamento e, in una estensione mistico-filosofica di tale concetto, come madre della vita diviene anche ispirazione della vita stessa e motivo di vita per i suoi fedeli.
Dichiarazione alla Soprintendenza Archeologica di Bologna Cod. 72/2023

INDUS VALLEY FERTILITY FIGURE
Central Asia, Mojeno Daro, India. Ca. 2800 B.C. A pale cream pottery figure of a seated female: the face has a hooked nose; typically large, sunken eyes; and tall headdress. She wears a tight collar around her neck, partly covering her breasts. Her hands and forearms are held in a horizontal position, and her feet are bare. Provenance: NYC collection, ex. Fortuna Fine Arts, NYC.

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